28 marzo 2024
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L'intervista al "Messaggero" dell'ex Procuratore Antimafia Pier Luigi Vigna

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Riceviamo e pubblichiamo da Antimafia2000.com 13 maggio 2011

Si pente l’ex Procuratore Antimafia Pier Luigi Vigna

di Giorgio Bongiovanni - 5 maggio 2011
Ci sono i collaboratori di giustizia, ex mafiosi che abbandonano l'associazione criminale di appartenenza e passano dalla parte dello Stato.

E ci sono gli uomini delle Istituzioni, che hanno lavorato benissimo nella lotta contro la criminalità organizzata e che ad un tratto si convertono, per diventare collaboratori della “ragion di Stato”. Uno di loro, che ho conosciuto personalmente e nel quale ho sempre nutrito profonda stima è l'ex Procuratore nazionale antimafia Pier Luigi Vigna.
Il magistrato che indagò sulle stragi del 1993; che interrogò numerosi pentiti; che per primo, in riferimento a quanto si cela dietro quegli eccidi, utilizzò l'espressione “mandanti a volto coperto”. E che con quell'accusa, insieme ad altri colleghi, iscrisse Silvio Berlusconi e Marcello Dell'Utri nel registro degli indagati indicandoli con gli pseudonimi di “autore 1” e “autore 2”.
 
Ieri, in un'intervista resa al Messaggero, Pier Luigi Vigna ha gettato un improvviso colpo di spugna sul passato e ha dichiarato di aver cambiato idea: non ci sono mandanti occulti dietro le stragi, sul ruolo di Berlusconi e Dell'Utri impossibile trovare una conferma perché conferme “non esistevano” e quelle dichiarazioni rilasciate dai pentiti sono solo il frutto di un inganno. Affermare “siamo appoggiati da Berlusconi era una bufala (detta dai capi ndr.) per convogliare persone aderenti al gruppo in un programma che a qualcuno lo stomacava”.
A crollare, secondo l'ex Procuratore nazionale antimafia sarebbe quindi il codice Buscetta, secondo cui un uomo d'onore deve dire sempre la verità ad un altro uomo d'onore:  “Quando ho chiesto notizie sulla conservazione di questa regola – sono le sue parole – i nuovi capimandamento si sono messi a ridere”. Come a dire che da oggi in poi non dovremmo più fidarci delle cosiddette dichiarazioni de relato, quelle sulle quali si basava in buona parte il lavoro di Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, quelle che attualmente – debitamente riscontrate - hanno valore di prova nei processi e che negli anni hanno permesso alla Giustizia di arrestare centinaia di mafiosi e di far sequestrare numerosi arsenali militari.
 Incredibili e gravissime, anche per questo, le affermazioni di Vigna. Perché se un capomafia può millantare qualsiasi cosa e anche dopo i dovuti riscontri alle sue dichiarazioni non possiamo affermare che abbia detto la verità allora ecco che tutto può essere il contrario di tutto. Un'impostazione che mi sorprende  e dalla quale dissento completamente. Così come dissento dalle altre cose che Vigna ha dichiarato.  
E se della sua onestà di magistrato e di cittadino non dubito, sull'onestà intellettuale non posso che pormi alcune domande: forse l'ex Procuratore nazionale antimafia vuole coprire qualcosa? Forse, nella migliore delle ipotesi, pensa non ci sia più bisogno di dire la verità perché la speranza che una verità si possa raggiungere è morta? Oppure è caduto in una sorta di crisi depressivo-giudiziaria che ha causato una perdita della memoria?
 
In questo caso possiamo aiutarlo a recuperare le idee, riportando alcune delle dichiarazioni rilasciate da lui ad ANTIMAFIADuemila.
 
Da ANTIMAFIADuemila n. 8. dicembre 2000
''E' una potenza economica!''  
I magistrati tracciano il punto della situazione mafia allo scadere del primo anno del Duemila  
Intervista a Pier Luigi Vigna di Giorgio Bongiovanni  
 
Procuratore, vorrei porle una domanda partendo proprio da questo discorso: a parte il fatto che le stragi degli anni ’90 furono perpetrate da uomini di Cosa Nostra mi saprebbe dire se ci sono ancora dei mandanti occulti, forse da lei per primo, citati nel ’93? E’ possibile leggere che il messaggio sibillino di Cosa Nostra non fosse proprio economico, ma che essa volesse eventualmente rivolgersi a certi referenti…?
“Ma questa è un’ipotesi che è stata oggetto di analisi...”  
 
Sarò più concreto procuratore. Ho chiesto ad alcuni suoi colleghi, come i procuratori di Palermo e Catania cosa accadrebbe se i grossi latitanti – ma anche coloro che si trovano in carcere come Riina e Santapaola –, parlassero non solo di Cosa Nostra, ma anche e soprattutto di economia e alta finanza. Mi hanno risposto che possiedono la “bomba atomica”, hanno a disposizione, metaforicamente, il “bottone nucleare”. (Possiedono cioè verità tremende riguardanti collusioni mafiose ad altissimi livelli, n.d.r.)
“Questo è un giudizio a mio parere condivisibile nel senso che, soprattutto con il progresso organizzativo internazionale del movimento dei flussi finanziari, sicuramente non è pensabile una gestione da parte di questi soggetti, se non vi fossero quelle che un’analisi degli organi di polizia chiamano le strutture sociali intermedie: banchieri, commercialisti, alti finanzieri e così via. E’ proprio questo il punto cruciale”.  
 
Non posso pensare – ma può essere che sbaglio – che Riina abbia organizzato queste stragi da solo. Si è trattato di un delirio di onnipotenza o di un ricatto economico?  
“Non lo definirei un delirio di onnipotenza. Direi piuttosto che c’erano determinate vendette da compiere. Il 30 gennaio ’92 è stato fatto il maxi-processo!”

Ma io non mi riferivo soltanto alle stragi Falcone-Borsellino, ma anche al continente, poiché lei ha affermato che i mafiosi potrebbero toglierci il futuro, cioè l’ambiente e il patrimonio nazionale. Ma un messaggio di questo tipo, così devastante e inquietante e che condivido, non può essere lanciato solamente da Riina, Santapaola o Provenzano, ma ci deve essere qualcun altro. Non ci sono prove giudiziarie, però…
“Lei delinea un quadro che noi abbiamo tenuto presente. Siamo negli anni ’92 e ’93, in un momento di grossi scossoni politici grazie all’inchiesta di mani pulite; c’è quindi un mondo che è stato considerato da Cosa Nostra che non la ha garantita secondo le sue aspettative. Secondo quello che dovevano dire agli uomini d’onore incarcerati poiché anche questi dovevano mantenersi sicuri e quindi che si potesse andare a un nuovo sistema di rapporti. Questo era nelle speranze per quanto riguarda i legami mafia-politica”.

Ma io parlavo dell’economia. Negli anni ’80 Cosa Nostra ha guadagnato centinaia di migliaia di miliardi…
“Ma quando si è parlato del sistema criminale integrato ci si riferiva proprio ad un sistema criminale che ha un nucleo criminale, ma ha anche connessioni con altre realtà criminali, economiche, politiche e così via. Questa è la prospettiva nella quale si è lavorato e sembra che sia una prospettiva seria di immagine dell’agire di Cosa Nostra”.

Procuratore, a chi si riferiva quando lei parlò dei mandanti occulti?
“E' meglio se lo tengo per me”.

ANTIMAFIADuemila n. 8

Da ANTIMAFIADuemila n. 54, luglio 2007
“Il governo è distratto e le mafie ricchissime”.
Intervista a Pier Luigi Vigna, di Anna Petrozzi e Monica Centofante

“Le stragi, soprattutto quelle in continente, ebbero una finalità eversiva e per questo demmo la specifica dell’aggravante terroristico e per questo ci si aspettava che vi fosse uno sbocco diverso, che tutto quel che è accaduto desse luogo ad “Amorosi sensi”, come direbbe Dante, fra la gente e la politica... Difficilmente ci potrà essere qualcosa di nuovo se non si affermerà la verità su quegli anni terribili, per non parlare del fare giustizia”.

“Ancora oggi non si conosce il vero significato di quelle stragi, si festeggiano ripetutamente gli anniversari ma, tra mancanza di informazione e disinformazione, in Italia si è ancora molto lontani dal percepire quegli anni nel loro portato terribile come un vero e proprio atto sovversivo. E ancora meno si parla e ci si impegna a comprendere cosa e chi si mosse dietro alle cosiddette stragi in continente”.

“E' vero. Con le stragi di Firenze, Milano e Roma vi è un cambiamento di obiettivo. Cosa Nostra non mira più all'investigatore, al magistrato, al nemico.
Questi colpi avevano l'idea di far demolire da parte dello Stato certe leggi ed è qui che si configura l'aggravante del terrorismo che insieme a Gabriele (Chelazzi, scomparso nel 2003) contestammo dopo l'approvazione dell'art. 277 che definisce la condotta per terrorismo e produce danni allo Stato tra le cui finalità vi è quella di costringere lo Stato a commettere o non commettere determinate azioni.
Qui si volevano costringere le autorità dello Stato stesso a eliminare le leggi sui collaboratori, sulla confisca dei beni, il 41bis... e allora si è cercato di colpire beni comuni particolarmente esponenziali sotto il profilo artistico”.

“E’ un comportamento un po’ anomalo tuttavia, per Cosa Nostra, che non ha mai fatto ricorso ad azioni di tipo terroristico così dirette contro lo Stato che rappresenta comunque il suo alimento. Difficilmente Cosa Nostra si è posta così frontalmente contro le Istituzioni, concentrando nel mirino opere d’arte di inestimabile valore che non crediamo siano al centro delle conversazioni quotidiane dei mafiosi. E poi, ad un tratto, dopo il fallito attentato all’Olimpico, il dialogo delle bombe cessa. Perché i Graviano, perché sono loro che agiscono fortemente in questo momento, decidono di non ripetere l’attentato. Cosa accade?
Io risponderei così: Il primo rapporto della Dia, dopo le stragi nel 1993, delineava un affresco molto ampio. Non si facevano nomi, ma si articolava un quadro complesso che metteva assieme Cosa Nostra, Massoneria, gruppi finanziari dediti al riciclaggio e qualche 'servizietto servizievole'. Allora, come sapete il magistrato è vincolato ai fatti, deve basarsi sulle prove (che poi in questo caso hanno portato a decine di ergastoli) e non può andare oltre. Poi, quando fummo sentiti (Gabriele Chelazzi ed io) dalla Commissione parlamentare antimafia della precedente legislatura – e poi ho avuto l’occasione di ripeterlo durante le commemorazioni per la strage di via dei Georgofili – dicemmo che se si voleva cercare di indagare altri scenari occorreva istituire una Commissione parlamentare d’inchiesta poiché la via giudiziaria non ha aveva avuto nessun esito in questa storia”.

Dott. Vigna, se analizziamo oggi, dopo 15 anni, l’andamento delle cose, a giudicare dai fatti abbiamo un Provenzano catturato, ed è una cosa importante, ma abbiamo anche una Cosa Nostra ristrutturata che sicuramente ha ottenuto molte delle richieste che aveva avanzato con la strategia stragista.
(Sospira, allarga le braccia) Purtroppo con l’andare del tempo il vento ha spirato nella direzione che dice lei…

Ancora, nel libro “Mafie e antimafia, Rapporto '96” (vedi Antimafia Duemila n.8, dicembre 2000) è riportato un articolo, scritto da Vigna, dal titolo “Le tracce di chi ordinò le stragi”, in cui si legge:

“Lo scenario criminale delineato sullo sfondo degli ultimi attentati ('92-'93) ha infatti posto in evidenza da un lato - come si è già avuto modo di rilevare - l'interesse alla loro esecuzione da parte della mafia e dall'altro la certezza di una presenza operativa di Cosa Nostra: ma è la<<sapienza>> della regia delle stragi a segnalare la novità. Gli investigatori hanno notato che le sottili valutazioni sugli effetti di una campagna terroristica e lo sfruttamento del conseguente condizionamento psicologico non sembrano il semplice frutto della mente di un criminale comune, sia pure mafioso: si conosce in queste operazioni di analisi e di valutazione una dimestichezza con le dinamiche del terrorismo e con i meccanismi delle comunicazioni di massa ed anche una capacità di sondare gli ambienti politici e di interpretarne i segnali. Si potrebbe pensare ad una aggregazione di tipo orizzontale, in cui ciascuno dei componenti è portatore di interessi particolari perseguibili nell'ambito di un progetto più complesso nel quale convergano finalità diverse. La stessa svolta della risposta giudiziaria, sia sul versante della repressione delle associazioni di tipo mafioso che su quello della corruzione, con i ben noti effetti dirompenti sull'apparato dei partiti, può aver determinato una coincidenza degli interessi di Cosa Nostra con quelli di altri settori investiti dalle indagini: settori della politica corrotta e dell'eversione di destra; logge massoniche <<coperte>>; imprenditori e finanzieri d'avventura collusi; pezzi o <<reticoli>> di funzionari dello Stato infedeli. Il composito, ma convergente quadro di <<entità>> portatrici di interessi collimanti ora delineato, trova supporto in analisi di fatti investigativamente esplorati. Anzitutto è da considerare che il vasto giro di affari movimentato dalle organizzazioni criminali ed in particolare da Cosa Nostra, ha reso necessario il reinvestimento, a fini di riciclaggio, in attività apparentemente lecite, di una cospicua massa di denaro. Per attuare tale finalità era peraltro necessaria la ricerca ed individuazione di ambiti economici nei quali operare e dessi, come è noto, sono stati rinvenuti anche negli appalti per l'esecuzione di opere pubbliche. Tale strategia, ove si tenga conto dell'alto indice di burocratizzazione che presiede a simili iniziative, imponeva poi la ricerca della connivenza o dell'assenso di taluni settori del potere amministrativo o politico al fine di superare ostacoli, anche legali, altrimenti insormontabili. Da qui l'ulteriore conseguenza che Cosa Nostra ha, per lungo tempo, favorito o imposto l'ascesa o la permanenza di determinati uomini politici, con l'intento di agevolare, per i prescelti o per coloro che avevano manifestato disponibilità, opportunità di tipo politico, in una sorta di scambio dal quale ognuno avrebbe tratto i propri vantaggi: i politici quello di gestire comodi seggi elettorali, con una messe di consensi tale da far loro assumere una presenza significativa all'interno del partito con la connessa possibilità di intervento nelle più varie realtà; i mafiosi quello di poter ottenere utili appoggi per la gestione dei loro affari e la soluzione dei loro vari problemi. Per quanto concerne, poi, il collegamento fra Cosa Nostra ed un'altra delle <<entità>> che concorrono a formare il <<potere criminale integrato>> di cui si diceva e cioè la <<massoneria deviata>>, incarnata dalle <<logge occulte>>, è stato ampiamente provato che l'associazione mafiosa si è avvalsa di tali ambienti massonici per infiltrarsi e condizionare i settori istituzionali più difficilmente permeabili alla sua influenza".

"Pur con la dovuta cautela, deve poi notarsi, a completamento del quadro delle componenti del c.d. <<potere criminale integrato>> che si cerca sinteticamente di rappresentare, che non mancano prove circa l'esistenza di rapporti tra criminalità organizzata e servizi segreti".

"In questo scenario, ed anche con riferimento a quello che si è in premessa delineato circa il <<potere criminale integrato>> ed il <<movimentismo>> politico verificatosi a partire dagli anni '90 e fino al '93, appare poi di sicuro interesse quanto affermato da un ulteriore collaboratore di giustizia (Maurizio Avola N.d.R.), uomo d'onore ed appartenente da numerosi anni alla <<famiglia>> di Catania. Egli afferma, infatti, di aver appreso, intorno al settembre 1992, e, dunque, dopo le stragi di Capacie Via D'Amelio, che Riina intendeva <<mettere bombe per colpire obiettivi dello Stato>> e che egli voleva <<creare un nuovo partito politico>> nel quale inserire uomini di Cosa Nostra incensurati che avrebbero, così, potuto curare più direttamente gli interessi dell'associazione mafiosa. Precisava, ancora, il collaboratore che questo partito avrebbe dovuto ingenerare nella popolazione la convinzione di un totale cambiamento del sistema politico italiano e che proprio per questa ragione era necessario che i nuovi politici fossero persone il più possibile estranee al vecchio mondo politico. Nella realtà, però, il nuovo partito avrebbe dovuto far gli interessi di Cosa Nostra soprattutto in riferimento alla eliminazione della normativa antimafia, allo screditamento dei<<pentiti>> ed alle difficoltà che sarebbero state frapposte alla utilizzazione delle dichiarazioni rese da costoro. Riina aveva pertanto indirizzato a Santapaola la richiesta di indicargli persone dotate delle caratteristiche richieste, cioè <<uomini nuovi>>."

ANTIMAFIADuemila n. 54

Caro Dottor Vigna, come ha anticipato ieri al Messaggero è di prossima uscita un suo libro nel quale, rinnegando se stesso, spiegherà che Berlusconi e Dell'Utri non c'entrano con i tragici eventi dei primi anni Novanta e che non ci sono mandanti occulti nelle stragi del '92 e '93.
In onore della verità mi permetto allora di chiederle di rispondere, nel suo libro, ad alcune semplici domande:
Cosa le ha fatto cambiare idea visto che a me personalmente, in risposta ad una domanda – che ho riportato sopra e che ribadisco - in cui le chiedevo a chi si riferiva quando parlò dei mandanti occulti lei disse, testualmente: “E' meglio se lo tengo per me”?

Cosa dobbiamo pensare noi cittadini, e soprattutto i familiari delle vittime di mafia? Che anche lei è da annoverare tra quegli uomini delle istituzioni che sono stati chiamati a mettere il segreto di stato sulla verità?

Procuratore, spieghi agli italiani il motivo del suo palese, evidente, gravissimo atteggiamento contraddittorio rispetto a ciò che lei, in tutti questi anni, ha fatto e ha detto nella lotta contro la mafia.
Giorgio Bongiovanni
NOSTRO COMMENTO: Mah!
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