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I processi all'Opus Dei

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I PROCESSI ALL'OPUS DEI

di Emanuela Provera - 9 Ottobre 2011

L'Opera sotto accusa in Francia e in Italia dopo le denunce di due donne. Da numerarie ausiliari, sarebbero state "manipolate" con abuso di psicofarmaci e avrebbero subito un trattamento professionale lesivo dei loro diritti

In questi giorni la stampa italiana ha riferito di una ragazza francese, Catherine Tissier, che tra i 14 e i 17 anni di età ha frequentato una scuola alberghiera nell'est della Francia (l'istituto Dosnon, gestito dall'associazione ACUT).

Qui ha conosciuto l'Opus Dei e deciso di farne parte come numeraria ausiliare. Ciò significa, secondo quanto prescritto da Escrivá, che Catherine- per chiamata divina - si sarebbe occupata del lavoro di cura per tutta la vita senza poter modificare il suo status professionale.
Presumibilmente chiese l'ammissione all'Opera ancora minorenne, e negli anni a seguire lavorò come operaia domestica presso centri di convegni e ritiri che sono vere e proprie case dell'Opus Dei. Una di queste, chiamata Couvrelle, è un castello adiacente alla scuola.
Catherine sin dai primi tempi di appartenenza all'Opus Dei soffre di un disturbo depressivo per cui le direttrici dell'Opera tentano di risolvere il suo disagio facendole assumere psicofarmaci. Nell'Opera infatti è consolidata la prassi di affrontare le numerose malattie depressive attraverso abusi farmacologici, che impediscono alle malate/i di scegliere un diverso percorso di guarigione magari psicoterapeutico.
 Finalmente, nel 2001, Catherine riesce a tornare presso la famiglia di origine (è noto che nell'Opera i legami con il proprio tessuto sociale vengano spesso recisi ancor prima di entrare a farne parte). Ai medici la ragazza dichiara: "... da dieci anni assumevo dei neurolettici. Mi hanno tolto quello che avevo nel cervello per infilarci le loro idee". Poiché è assunta, presso il centro convegni Couvrelles, con contratto di lavoro a tempo parziale (120 ore al mese), la ragazza ottiene un congedo lavorativo di qualche mese. Ma quando ritorna presso il centro, il medico del lavoro la dichiara non più idonea al lavoro tanto da essere licenziata, a partire dal mese di agosto 2001.
 
La storia di Catherine da quel momento diventa un caso giudiziario e poi mediatico perché nel novembre 2001, supportata da un avvocato, sporge denuncia contro ignoti «per condizioni di lavoro e di alloggio lesive della dignità umana».
 
Pochi giorni fa ho raccolto la testimonianza su un analogo caso, italiano, che ha generato una vicenda giudiziaria presso la Procura della Repubblica di Roma. Una ex numeraria ausiliare ha denunciato l'ente presso cui è stata assunta, per aver subito maltrattamenti e condizioni di lavoro lesive dei suoi diritti. L'ente in questione dipende praticamente dall'Opus Dei. Non volendo entrare nei dettagli per tutelare la riservatezza della donna mi limito a segnalare che il suo licenziamento è stato dichiarato illegittimo e che le indagini condotte dal Pubblico Ministero hanno qualificato la vicenda come
 
«un fatto ripugnante sul piano morale»  
 
L'Opus Dei, infatti, avvalendosi di una serie di società per azioni, cooperative e fondazioni, facendo leva sulla vocazione religiosa delle persone e promettendo loro un avvenire sicuro, ha ideato un complesso meccanismo finalizzato al reperimento di personale da assoggettare a lavori professionali senza alcuna remunerazione.  
 
Un giornalista, intervistato in qualità di "esperto di religioni", riguardo alla vicenda di Catherine ha affermato che "Si tratta di un tipico rapporto di lavoro fondato su un'amicizia che a un certo punto si guasta". In questo modo ha cercato di sollevare da responsabilità l'istituzione, come è consueto che l'Opus Dei faccia in casi analoghi. Ma non è corretto affermarlo perché la scelta professionale di Catherine è stata fortemente condizionata dalla sua "vocazione" di numeraria ausiliare. E - secondo le dichiarazioni della ragazza - la decisione di diventarlo è stata ottenuta attraverso un'abile attività di direzione spirituale che laicamente si chiama manipolazione mentale. A prescindere dal fatto che l'Opus Dei sia giudicata una setta oppure no in relazioni a precise fattispecie di reato, è certo che la maggior parte dei transfughi denuncia di aver subito violenza morale, attraverso l'abuso dei mezzi di formazione personale (come la Confessione sacramentale). A questo proposito sono numerose le testimonianze pubblicate ma è anche significativa la storia di Leonisa.
 
La sovrapposizione degli illeciti giuslavoristici a quelli eventualmente penali è dimostrata dal fatto che la magistratura francese ha ampliato l'istruttoria giudiziaria estendendo il ricorso a fatti di «lavoro dissimulato, sfruttamento di persona debole, abuso di fiducia e tentativo deliberato di porre in pericolo la vita altrui». Tanto che la polizia giudiziaria di Parigi ha dovuto perquisire il centro di Couvrelles generando un ulteriore aggravio dell'istruttoria per sospetto di riciclaggio di denaro.
 
Il caso di Catherine è molto simile a quello italiano che ho citato; l'appartenenza delle due donne all'Opus Dei e il fatto che l'assistenza spirituale, offerta nei centri presso cui le donne lavoravano, fosse condotta da persone che ne fanno parte, spiega la non estraneità dell'istituzione alle tristi vicende giudiziarie. Seppure la prelatura stia tentando ogni strada per togliersi da questi episodi "imbarazzanti".
 
Silvia, una studentessa italiana, ha indirizzato una lettera a Catherine per manifestarle solidarietà, vicinanza e coraggio; la lettera è stata firmata anche da altre persone residenti in diverse regioni d'Italia, alcune di loro sono ex appartenenti all'Opus Dei.
 
Lettera:  
 

 
Cara Catherine,
mi presento, mi chiamo Silvia e sono una studentessa italiana. Ho conosciuto la tua storia personale attraverso i giornali stranieri.
Ti scrivo per esprimere la mia vicinanza e il mio appoggio alla tua causa, e lo faccio in maniera pubblica, perché desidero sensibilizzare eventuali lettori sulle problematiche che ti hanno coinvolto nei rapporti con l'Opus Dei, istituzione della Chiesa Cattolica.
Molto spesso, situazioni come quelle che hai vissuto in prima persona, di sfruttamento del lavoro altrui e di privazione della libertà personale attraverso il condizionamento, sono taciute per la salvaguardia di una ideologia dietro alla quale, in realtà, si nascondono interessi economici e logiche di potere.
E mi indigno nel constatare che tutto ciò è condotto, come nel tuo caso specifico, in nome di Dio o comunque di una Verità che si presume di possedere Ti ammiro per il coraggio che stai dimostrando nel volere uscire allo scoperto e denunciare le ingiustizie subite, così come stimo i tuoi genitori , che si son prodigati per il tuo bene e per il tuo riscatto.
Rivolgersi alle autorità civili e affrontare una battaglia legale per vedersi riconosciuti i propri diritti è sintomo di una elaborazione personale cui probabilmente sei arrivata, nella consapevolezza del valore civile della tua testimonianza ; son certa che soltanto dal basso possa provenire la spinta al cambiamento.
Auspico che ci sia una maggiore sensibilizzazione nei riguardi di queste tematiche, al fine di trovare un modo che possa consentire a ogni persona di esprimere se stessa e senza cadere in balia di condizionamenti altrui.
Quanto a te, ti auguro di trovare giustizia e conforto nella certezza che i tuoi sacrifici e soprattutto le tue battaglie non saranno vane, ma serviranno, attraverso la conoscenza della tua storia, ad evitare nuovi soprusi e nuove sofferenze a persone giovani, spesso minorenni.
Ti abbraccio e di nuovo esprimo tutto il mio sostegno.
Silvia Martire

Di seguito riporto i nomi di persone che conosco e condividono insieme a me le parole che ti ho scritto nella lettera:

1. Alessandra Mancini - Roma
2. Alessandro - Roma
3. Alessandro Martire - Roma
4. Amina Mazzali - Firenze
5. Andrea Uccello - Canicattini Bagni (SR)
6. Angelo Quarto
7. Antonella Dellapina - Parma
8. Antonio Bellezza - Roma
9. Antonio Martire - Roma
10. Cristoforo Montefusco
11. Daniela Grando - Roma
12. Domenico Crea - Reggio Calabria
13. Emanuela Provera - Milano
14. Federica
15. Federico Bacciarelli - Roma
16. Federico Rossi - Roma
17. Gabriella De Rosa - Bologna
18. Gauri Grazia De Santis
19. Gabriele Alese - Roma
20. Gabriele Parmegiani
21. Gianluca Sollazzo
22. Giovanna Romeo - Roma
23. Ilaria Biagioli
24. Ivan Quiselli
25. Linda Varlese
26. Lisa Polomini
27. Lorenzo Morello - Padova
28. Luca Petitti - Roma
29. Lucia Imperoli -Roma
30. M. Margherita Vercesi - Verona
31. Mauro Liberatori
32. Mickael
33. Nunzia Gugliuzza - Palermo
34. Roberto Merlo - Roma
35. Simone Boscolo - Milano
36. Sophie
37. Tommaso Dell'Era - Roma Associazione "La Colpa"
38. Tommaso Vercesi - Treviso
39. Vincenzo Moscato - Roma

NOSTRO COMMENTO:  Ciao Emanuela. Hai fatto bene a pubblicare queste vergogne che accadono nell'ambito dell'Opus Dei. Se è vero quanto sopra affermato dalle numerarie-ausiliarie (non ci sarebbe  motivo di dubitarne dal momento che spontaneamente le numerarie hanno ritenuto di render pubblico quanto accaduto nell’ambito dell’Opera) è semplicemente vergognoso che organizzazioni come l’Opus Dei continuino ad operare indisturbate infischiandosene delle autorità statali  e la Chiesa non faccia nulla per bloccare questi scandali vergognosi.  Già! Non bisogna però dimenticare che l’attuale clero è proprio quello che ha coperto per lungo tempo i preti pedofili, scandalo e vergogna della Chiesa  di Cristo. Ma in nome di quale morale parla la Chiesa cattolica?…

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